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Il presepe Cuciniello deve il nome al
suo donatore Michele Cuciniello, architetto Municipale e uomo dai numerosi interessi. Fu
letterato, patriota, drammaturgo e, chiaramente, appassionato collezionista di pastori ed
oggetti del Presepe Napoletano del XVIII sec.
Difatti disponendo di buone risorse economiche, ne collezionò un gran numero, quasi tutti
di ottima fattura e databili dal XVIII al XIX sec. Nel 1879 il Cuciniello ebbe la
benemerita idea di donare questa grandiosa raccolta al museo di San Martino disponendo di
costruire a proprie spese un presepe stabile.
Prima di entrare nel vivo del discorso, e cioè di descrivere il restauro da noi
praticato, mi sembra doveroso illustrare tali, ed altre, particolarità che sono parte
anch'esse della storia di questo eccezionale Presepe. Il Presepe fu eseguito, sotto la
direzione e sul modello dello stesso Cuciniello, da Luigi Farina, noto specialista del
tempo. La dipintura dello scoglio e del fondale si deve allo scenografo Luigi Masi, mentre
l'idea di illuminare il presepe con luce naturale, che scendesse dall'alto tramite un
lucernaio, all'architetto Fausto Nicolini.
L'inagurazione si ebbe il 28 dicembre del 1879. Gli autori dei pastori sono tra i
più grandi artisti del XVIII sec. Possiamo annoverare tra loro: Matteo Bottiglieri, Giuseppe
Sammmartino, Francesco Celebrano, Nicola Somma, Salvatore Di Franco e, ancora, Lorenzo
Mosca, Gianbattista Polidoro, Giuseppe Gori, Angelo Viva, Nicola Ingaldi. Come autori di
animali e nature morte più specificamente: Francesco e Nicola Vassallo, Francesco Gallo,
Tommaso Schettino, Carlo Amatucci, Giuseppe De Luca e Nicola Ingaldi.
Vorrei ora passare ad illustrare quali motivazioni hanno richiesto il nostro intervento di
restauro ed il restauro stesso.
Per prima cosa sono da annoverare la stessa usura del tempo e le condizioni ambientali
quali sono da intendersi in tal caso l'umidità, le infiltrazioni d'acqua. Ma non sono da
dimenticare anche i restauri precedenti non eseguiti correttamente. La somma di tutti
questi fattori fece si che il presepe si riducesse ad uno stato di tale rovina da indurre
i responsabili a negarlo definitivamente alla visita del pubblico. Il grido d'allarme fu
dato per primo dal Prof. R. Causa e poi dal Prof. Nicola Spinosa, attuale Sovraintendente
ai B.A.S. di Napoli, e non meno dal Direttore del Museo di San Martino Dott. Teodoro
Fittipaldi, che ripetutamente denunziò, in passato, lo stato pietoso di degrado avanzato
del complesso chiedendone, anche, l'immediato restauro. A questi accorati appelli rispose
l'Associazione Dicembre a Napoli che unitamente al "Calcio Napoli" se ne assunse
gli oneri. Ed è stato in questo contesto che ci venne affidato l'incarico del restauro,
da parte della Sovrintendenza ai B.A.S, nella persona del Prof. Nicola Spinosa. Per
svolgere il lavoro in loco ci furono messi a disposizione alcuni locali della Certosa che
noi, con i nostri utensili di lavoro ed apparecchiature, trasformammo in efficiente
laboratorio di restauro. Per ragioni tecniche ritenemmo opportuno dividere il restauro in
tre blocchi d'intervento: gli animali, i pastori e lo "scoglio". Dapprima gli
animali poichè mostravono i maggiori segni di danneggiamento, cosa questa dovuta sia alla
diversità dei materiali (legno, terracotta, piombo) che ai precedenti restauri
superficiali, fatti senza mai curare la causa principale del deterioramento.
Questa è da
individuare nella più classica delle "malattie" del legno: i tarli.
Successivamente sono stati restaurati i pastori, di numero minore, ma non meglio
conservati.
L'opera di restauro è alquanto delicata ed ogni errore puù danneggiare i pezzi. Onde
evitare ogni rischio studiammo una tecnica di restauro molto particolare e impegnativa che
consiste nell'utilizzare materiali ed utensili identici a quelli usati nel' 700. Furono,
quindi, del tutto evitate colle sintetiche per lasciare spazio alla colla di pesce. Anche
per l'integrazione scultorea furono impiegati gli stessi materiali dell'epoca: legno,
terracotta e piombo. Quando ci siamo trovati a dover intervenire su pezzi in legno tarlato
abbiamo praticato siringhe antitarlo, consolidato i pezzi e chiuso i fori con piccoli
tasselli di legno e stucco. Successivamente i pezzi sono stati puliti con accuratezza e
senza intaccare la coloritura originale, che, dove rovinata, fu integrata con tecniche
originali dell'epoca.
Come è noto i pastori del XVIII sec. hanno la testa di terracotta, gli occhi di vetro
soffiato e dipinto a mano sul retro, mani e piedi in legno di tiglio. Il manichino appare
poi strutturato da una ossatura in filo di ferro ricoperta di canapa ed infine rivestita
di stoffa. Molteplici sono i tipi di stoffa usati: braccati, sete, velluti d'epoca
magistralmente eseguiti. Bottoni e gioielli sono in rame, argento e, più raramente, in
oro.
Pastori ed animali sono tornati al loro primitivo splendore nel rispetto più totale
dell'opera e delle tecniche utilizzate al momento della loro creazione.
Il restauro dello "scoglio", ossia del plastico formato da legno e sugaro,
è stato eseguito mediante l'ausilio di bagni chimici atti a consolidarne e proteggerne la
struttura.
Le parti mancanti sono state integrate alle originali mediante l'utilizzo di materiali
simili a quelli originali e con gli stessi criteri adottati precedentemente. Il fondale
è stato infine eseguito magistralmente dal pittore Antonello Leone, che si è ispirato, sia
negli accostamenti cromatici che nello stile, all'originale.
Alla fine di questa capillare e lunga opera di restauro siamo stati gratificati dai
risultati del tutto soddisfacenti; una pagina ingiallita di Storia Napoletana
è tornata a
poter essere letta chiaramente per la gioia dei visitatori, Napoletani e non.
Prof. Antonio Lebro
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