La
chiesa di San Lorenzo Maggiore ha origini antiche: essa sorge
infatti su un’area già occupata, in età romana, da un
mercato coperto (macellum) risalente alla seconda metà
del I secolo d. C. e successivamente abbandonata alla fine del V
secolo d. C.
Nel
IV secolo d. C., poi, il vescovo di Aversa, Giovanni II, fece
edificare sul sito una basilica paleocristiana dedicandola al
martire Lorenzo.
Questa
basilica, a tre navate, con abside e preceduta da un
quadriportico, aveva una lunghezza inferiore a quella della
chiesa attuale, ma aveva la stessa larghezza, se si escludono le
superfici delle cappelle.
Il
visitatore può avere un’idea delle dimensioni della primitiva
basilica, grazie a dei listelli di ottone che, inseriti nel
pavimento, indicano la posizione delle mura perimetrali e delle
colonne di sostegno della navata.
In
questa chiesa si insediò, nel 1234, la prima comunità
francescana a Napoli, giovandosi di una donazione che il vescovo
di Aversa aveva fatto ai Frati Minori.
In
quello stesso anno fu costruita, per volontà e a spese del
protonotario del Regno Bartolomeo di Capua, la facciata della
quale resta tuttora il portale ad arco acuto. L’affresco nella
lunetta sottostante all’arco rappresenta il martirio di San
Lorenzo ed è opera di Attanasio Mozzillo (sec. XVIII).
Nel
1266, alla dinastia sveva subentrarono gli Angioini ed i
Francescani, così come gli altri Ordini Mendicanti, si
avvantaggiarono del fervore di iniziative edilizie volute dalla
nuova dinastia.
Fu
Carlo I d’Angiò a volere la costruzione di un nuovo edificio
sacro più grande e prestigioso, in luogo dell’antica basilica
del VI secolo. La nuova chiesa fu improntata allo stile
architettonico tipico del gotico francese.
Nei
secoli successivi la chiesa conobbe varie ristrutturazioni e
modifiche, anche a causa di alcuni terremoti patiti dalla città,
in particolare quello del 1456.
Tra
i lavori che la deturparono maggiormente, ci furono quelli che
avvennero, come dice il D’Engenio, “quando venne in mente ai
frati minori ed al loro priore Fra’ Gennaro Rocco, che fu il
carnefice di questa chiesa, di abbellirla e rifarla alla
moderna: tutto fu messo a soqquadro” (C. D’Engenio, Napoli
Sacra, Napoli, 1623, p. 124).
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