Exurgens autem Ioseph a
somno, fecit
sicut praecepit ei angelus Domini, et accepit coniugem suam. Et
non cognoscebat eam donec peperit filium suum primogenitum: et
vocavit nomen eius Iesum.
(Matth.
1, 18-25)
Qui
cum recessissent, ecce angelus Domini apparuit in somnis Ioseph,
dicens: Surge, et accipe puerum, et matrem eius, et fuge in
Aegyptum, et esto in ibi usque dum dicam tibi. Futurum est enim
ut Herodes quaerat puerum ut ad perdendum eum. Qui consurgens
accepit puerum et matrem eius nocte, et secessit in Aegyptum: et
erat ibi usque ad obitum Herodis: ut adimplretur quod dictum est
a Domino per prophetam dicentem: Ex Aegypto vocavi filium meum.
[...]
Defuncto
autem Herode, ecce angelus Domini apparuit in somnis Ioseph in
Aegypto, dicens: Surge, et accipe puerum, et matrem eius, et
vade in terram Israel: defuncti sunt enim qui quarebant animam
pueri. Qui
consurgens accepit puerum et matrem eius et venit in terram
Israel. Audiens autem quod Archelaus regnaret in Iudaea pro
Herode patre suo, timuit illo ire: et admonitus in somnis,
secessit in partes Galilaeae. Et veniens habitavit in civitate
quae vocatur Nazareth: ut adimpleretur quod dictum est per
prophetas: Quoniam Nazaraeus vocabitur.
(Matth.
2, 12-15 e 19-23)
Puer
autem crescebat, et confortabatur plenus sapientia: et gratia
Dei erat in illo.
Et
ibant parentes eius per omnes annos in Ierusalem, in die solemni
Paschae. et cum factus esset annorum duodecim, ascendentibus
illis Ierosolymam secundum consuetudinem diei fasti,
consummatisque diebus, cum redirent, remansit puer Iesus in
Ierusalem, et non cognoverunt parentes eius. Existimantes autem
illum esse in comitatu, venerunt iter diei, et requirebant eum
inter cognatos et notos.
Et
non invenientes, regressi sunt in Ierusalem, requirentes eum. Et
factum est, post triduum invenerunt illum in templo sedentem in
medio doctorum, audientem illos et interrogantem eos. Stupebant
autem omnes qui eum audiebant, super prudentia et responsis eius.
Et videntes admirati sunt. Et dixit mater eius ad illum: Fili,
quid fecist nobis sic? Ecce pater tuus et ego dolentes
quaerebamus te. Et ait ad illos: Quid est quod quaerebatis?
Nesciebatis quia in his quae patris mei sunt oportet me esse? Et
ipsi non intellexerunt verbum quod locutus est ad eos. Et
descendit cum eis, et venit Nazareth: et erat subditus illis. Et
mater eius conservabat omnia verba haec in corde suo. Et Iesus
proficiebat sapientia, et aetate, et gratia apud Deum et homines.
(Luc.
2, 40-52)
La
nascita del Cristo avvenne cosí.
Maria,
sua madre, era promessa a Giuseppe, ma, prima che essi andassero
a vivere insieme, Maria si trovò ad aver concepito per opera
dello Spirito Santo. Giuseppe allora, essendo un giusto e non
volendo esporla al pubblico ludibrio, pensò di ripudiarla in
segreto.
Mentre
era immerso in questi pensieri, ecco
gli apparve in sogno l'angelo del Signore e gli disse:
"Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere Maria
per tua sposa; infatti, il suo concepimento proviene dallo
Spirito Santo. Ed ella darà alla luce un figlio: e gli darai
nome Gesú: infatti egli riscatterà il suo popolo da tutti i
suoi peccati".
Tutto
questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto dal
Signore per bocca del profeta che disse:
"Ecco la vergine concepirà e darà alla luce un figlio e
lo chiameranno Emmanuele" (che, tradotto, vuol dire 'Dio è
con noi').
E
Giuseppe, destandosi dal sonno, fece come aveva comandato
l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa. E non aveva
commercio con lei: infine ella diede alla luce il suo
primogenito. E Giuseppe gli diede nome Gesú.
Quando
i Magi se ne furono andati, ecco l'angelo del Signore apparve in
sogno a Giuseppe e gli disse:
"Lévati, prendi il bambino e sua madre e fuggi in Egitto,
e trattieniti lì fino a che io te lo dirò. Perché accadrà
che Erode cercherà il bambino per farlo morire".
E
Giuseppe, levatosi, prese il bambino e sua madre di notte e fuggí
in Egitto; vi rimase fino alla morte di Erode, perché si
adempisse ciò che era stato detto dal Signore per la bocca del
profeta, che disse: "dall'Egitto ho chiamato mio
figlio".
[Dopo
l'episodio noto come "strage degli Innocenti"], morto
poi Erode, ecco l'angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe
in Egitto e gli disse:
"Lévati,
prendi il fanciullo e sua madre e va' in terra d'Israele: sono
infatti morti coloro che insidiavano la vita del bambino".
Giuseppe,
levatosi, prese il bambino e sua madre e andò in terra
d'Israele. Udendo poi che in Giudea regnava Archelao, in luogo
di Erode suo padre, ebbe timore ad andarvi: ed avvertito in
sogno, si ritirò nella regione di Galilea. E venutovi abitò
nella città che si chiama Nazareth: perché si adempisse ciò
che era stato detto attraverso i profeti: "Sarà chiamato
Nazareno".
Il
fanciullo intanto cresceva e si rafforzava nella pienezza della
sapienza. La grazia di Dio era in lui.
I
Genitori andavano tutti gli anni a Gerusalemme, nella solennità
della Pasqua e, quando ebbe dodici anni, quando essi si recarono
secondo la consuetudine della
festa, trascorsi i giorni e ritornandosene a casa, il fanciullo
Gesú rimase a Gerusalemme senza che i suoi genitori se ne
accorgessero. Pensando che fosse nella colonna di pellegrini,
fecero il cammino di un giorno e lo cercavano tra i parenti e
gli amici.
Non
trovandolo, ritornarono a Gerusalemme a cercarlo. E avvenne che
lo trovarono dopo tre giorni nel tempio, che sedeva in mezzo ai
dottori della Legge, ascoltandoli e ponendo loro domande. Erano
tutti stupiti, quelli che lo ascoltavano, della sua saggezza e
delle sue risposte. E i genitori, a vederlo, restarono
meravigliati. E sua madre gli disse:
"Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco tuo padre ed io,
in pena, ti cercavamo".
Ed
egli disse loro:
"Che motivo c'era di cercarmi? Non sapevate che è
necessario che io stia a curare gli interessi del padre
mio?"
Ed
essi non capivano ciò che egli aveva detto loro. E se ne tornò
con loro e andò a Nazareth: ed era sottomesso ai genitori. sua
madre conservava tutte queste parole in cuor suo. Gesù cresceva
in sapienza, età e grazia presso Dio e gli uomini.
Il
giorno dedicato a san Giuseppe merita di essere annoverato tra
le festività più importanti, come si conviene a colui al quale
furono affidate le vite di Gesù e di Maria: la Chiesa cattolica
lo riconosce come il "primo fra i Santi",
tributandogli un culto che si definisce appunto protodulía
(dal greco prōtos
"primo" e dulía, culto di venerazione ai
Santi, distinto dalla latría che è l'adorazione dovuta
solo a Dio). Prima che lo Stato italiano abolisse la festività
di san Giuseppe per ragioni squallidamente pratiche ed
economiche, la festa di questo Santo, forse il piú conosciuto e
simpatico a livello popolare, preparava degnamente l'ingresso
della primavera. La fiera cui i padri accompagnavano i loro
figlioletti, cui non mancavano di comprare qualche giocattolo,
fosse pure di poco prezzo, era il visibile segno che ognuno di
loro voleva identificarsi con colui che è il "primo fra i
santi" perché è "il primo fra i padri".
Dai
passi del Vangelo che abbiamo riportati, balza in primo piano la
figura di un uomo che ha cancellato dal suo cuore ogni orgoglio
ed ogni pregiudizio, tutto compreso nell'assolvimento di un
compito che solo chi è uomo completo può concepire: di fronte
al bambino qualsiasi adulto deve sentirsi
padre; e il Vangelo definisce Giuseppe come "uomo
giusto", che nel linguaggio scritturale vuol dire molto più
di quanto suonino le logore parole italiane.
Una
bella etimologia, che forse non è scientifica, ma che è
senz'altro fascinosa (un giorno, amico Lettore, dovrò
intrattenerti alquanto su etimologia scientifica ed etimologia
popolare, per continuare nel nostro cammino) pone accanto tre
parole latine: pater,
pasco,
panis.
Secondo questa etimologia, dunque, il pa-dre è colui che
pa-sce i suoi figli, dando loro il pa-ne. Come al
solito, quando si tratta di etimologie popolari, se non è vera,
è senz'altro bella e in ogni caso vera, di una verità più
profonda dell'arido vero che ci offre la scienza (e di cui
comunque la nostra vita intellettuale non può fare a meno).
Appare
dunque limitante, per non dire ingiusto, il titolo di
"putativo" che si appone a "padre", quando
si parla di san Giuseppe: "putativo", cioè, ritenuto
tale, senza esserlo effettivamente. Ora, questo aggettivo, che
nasce dalla pur legittima preoccupazione di insistere sulla
intemerata verginità di Maria, non si addice a Giuseppe che, se
non secondo la carne, fu veramente padre di Gesú secondo lo
spirito, perché lo accolse e lo protesse con sollecitudine,
vigilando sulla fragile esistenza del Bimbo Divino, rendendo
possibile la missione salvifica di Lui. Ed infatti Maria, che di
certe questioni ne sapeva senza dubbio piú di chiunque altro,
si rivolge a Gesú dicendogli: "Tuo padre ed io". Gesú,
anche se sottolinea che ha un altro Padre nei cieli, con il
quale ha un rapporto esclusivo (Egli dirà sempre "Il Padre
mio e Padre vostro") e del quale deve compiere la volontà,
non nega questa paternità umana, tanto da essere, dice ancora
il Vangelo, sottomesso ai suoi genitori.
Forse,
amico Lettore, quando, nell'allestire il presepe, tu collochi
presso la culla del Bimbo la statuetta di terracotta che
rappresenta il primo fra i santi, il primo fra i padri, tu a
tutto questo non pensi, ma il fremito di commozione che provi
senz'altro sta a dire che tutto questo è dentro di te: ed io
sono pago abbastanza della mia fatica di forgiare parole, se
queste riescono talvolta a dare voce al tuo più profondo
sentire.
Dedico
questo breve articolo alla memoria di Don Giuseppe Rassello, che
fu parroco di Santa Maria della Sanità in Napoli e professore
di Religione nel Liceo "Antonio Genovesi". Egli fu
veramente padre per tutti i giovani che strappò alla cultura
della morte, restituendoli al culto della vita. Di lui, che fu
cultore di lettere umane e infaticabile ricercatore di patrie
memorie, ti raccomando, o Lettore,
tra gli altri suoi libri, l'affascinante San
Severo fuori le mura
(Napoli 1985).
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