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Del
patrimonio dei costumi della tradizione popolare oggi
non resta molto, essendo ormai quasi del tutto scomparsi
dall’uso quotidiano.
Alcuni
preziosi esemplari sono gelosamente custoditi dai
discendenti delle famiglie patrizie dell’isola ed
indossati in occasione della “Sagra del Mare”
per l’elezione della
“Graziella”, l’indigena resa famosa dall’omonimo
romanzo di Alphonse Prat comte de Lamartine.
Particolarmente
interessante è il costume femminile, di origini
greco-andaluse che, pur nella sua semplicità di taglio,
dimostra eleganza e sobrietà per l’accostamento dei
colori, per la ricchezza dei ricami e la varietà dei
tessuti.
Il
costume è formato da una semplice camicia di lino o
tela d’Olanda, con arricciatura al petto, alle maniche
e alle spalle, detta “pettiera”. |
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Su
questa viene posta una veste intera “ il rubretto”,
cinta in vita, molto ampia, che scende fino alle caviglie e
funge da sottoveste.
La
parte superiore è solitamente di raso o seta rossa, riccamente
ricamata in ore zecchino; il punto vita è segnato dal “corpetto”,
fascetta con tiranti che fa le veci del busto. La gemella, “vunnedda”,
ricopre la parte sottostante del rubretto, lasciando fuoriuscire
dall’orlo, “linzo”, circa due centimetri della “perea”
(balza).
Sulla
gonnella si poggia il “mantesino” (grembiule) di tela
color caffè lungo quasi quanto la gonnella, rovesciato nella
parte superiore e allacciato in vita da due cordoni le cui
estremità pendono ai fianchi.
Il
collo è adornato da un fazzoletto di tela ricamata con una
ricca frangia, “moccaturo”; impuntato al petto da una
spilla d’oro. I capelli sono raccolti in una cuffia di seta
rossa lavorata all’uncinetto e sulla cuffia un fazzoletto di
raso paglino, bianco o celeste, “crespo”, fissato
alla cuffia ed ai capelli da uno spillone d’oro.
Una
menzione particolare, infine, merita la “zimarra” o
“cappottino”, il tipico soprabito di seta impunturato
d’oro, con cinque bottoni a chiudere il polso, da indossare
nelle occasioni sociali di maggior rappresentanza: giallo quello
indossato ai matrimoni, verde ai funerali, rosso ai battesimi,
occasione in cui era solitamente accompagnato anche dal “cuntrieddo”,
copertina per il neonato, realizzato con lo stesso taglio di
tessuto, come ricorda Vittorio Parascandola, esimio
studioso della cultura popolare procidana. Ai piedi i “papusci”,
scarpette di satin.
E’
proprio la varietà e la policromia di tale costume che nei
secoli ha attratto viaggiatori e pittori per ammirare e ritrarre
la bellezza.
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