All’inizio
del percorso presepiale vi è, dunque, la figura di Benino, il
pastorello immerso nel sonno. Essa non è posta lì a caso, così
come, lo scopriremo volta per volta, nessuna delle altre figure
occupa casualmente la sua posizione nel presepe.
Ma
qui il sonno non è lo stato fisiologico, nel quale il nostro
organismo, in riposo, recupera le forze di cui ha fatto
dispendio nel corso del giorno. Qui il sonno indica, per
analogia, una condizione dello spirito di estrema sensibilità e
tensione; uno stato, diverso da quello della quotidianità, che
non è ancora la luce di una coscienza superiore, ma che ad essa
prelude.
Quella
del “sonno” è dunque un’immagine con la quale si vuole
alludere alla sospensione della coscienza quotidiana; secondo
l’antico motto “quod superius quod inferius” (ciò che è
in alto è come ciò che è in basso), le realtà ineffabili
non possono essere dette se
non mediante immagini che parlino non all’intelletto soltanto,
ma alla totalità della persona. Solo così può essere superata
la contraddizione di voler
dire l’ineffabile (che, etimologicamente, è, appunto, l’indicibile).
Nella
storia della cultura, molte volte è stato rappresentato questo
stato di “sonno” in cui si compie un viaggio eccezionale.
Nell’Eneide
di Virgilio il libro VI è consacrato al descensus
ad inferos (discesa all’abisso) di Enea; al termine del
suo viaggio oltremondano, da cui riceve nuovo vigore e impulso
per la sua missione, l’eroe esce dalla porta d’avorio, da
cui sogliono uscire i sogni falsi.
Dante,
all’inizio del suo poema, dice di non ricordare come entrò
nella selva: “tant’era pieno di sonno a quel punto che la
verace via abbandonai”; lo smarrimento nella selva è il
preludio e anche la condizione necessaria perché Dante dia
inizio al viaggio.
Questo
testo umanistico, emblematico ed enigmatico ad un tempo, che
nella nostra cultura non ha avuto molta fortuna, pur lavorando,
per così dire sotterraneamente e contribuendo a formare un
gusto, appartiene alla fine del ‘400. E’, oltre tutto, uno
dei libri figurati più belli dell’arte tipografico del grande
Aldo Manuzio. Una delle figure che lo impreziosiscono mostra
appunto Polifilo che, disteso sotto un albero, dorme. Il
paragone con Benino si impone da sé.
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