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Anno 5 - n.3 - Marzo 2005
 
 

 Inchiesta sul presepe

Prima conversazione con Italo Sarcone

     


- Che cos'è per lei il presepe?
"E' il punto di aggregazione della mia personalità. E' stato presente nella mia vita sin da quando ero bambino; tutti i miei studi (Virgilio, Sannazzaro, la mitologia greca, le letture alchemiche etc.) finiscono in qualche modo col convergere in esso."
- Come vede lei il rapporto che intercorre tra il popolo napoletano e la tradizione presepiale?
"In una mia pubblicazione dissi che i Napoletani, quando non sono impegnati a fare il presepe, sognano di farlo. Ma ora ritengo che questa non sia altro che archeologia, poiché ormai sono in pochi a cercarne il vero significato. Talvolta si ha l'impressione che gli stessi 'pastorari' di S. Gregorio Armeno sacrifichino la qualità dei loro prodotti ad interessi più immediati. E qualcuno tra loro mostra anche poca conoscenza per quello che è l'oggetto del suo mestiere."
- Ci può fare un esempio?
"Passando per S. Gregorio Armeno ho colto una volta brani della discussione tra un artigiano ed un acquirente; quest'ultimo voleva comprare i tre cavalli per i Re Magi (cavalli e non dromedari come i più credono); uno deve essere nero, un altro rossiccio e un altro bianco: il venditore tentava di convincerlo che sarebbe stato lo stesso se due dei cavalli fossero stati dello stesso colore, mostrando così, oltre alla mancanza di rispetto per il cliente, che si sono perdute le chiavi della tradizione."
- C'è un'unica chiave per interpretare il simbolismo del presepe?
"Devo invitarti a leggere quello che ho già scritto ne "Il sogno di Benino".
Per chi si accinga ad interpretare una qualsiasi opera che si collochi nel grande alveo della tradizione, la superbia intellettuale non è una buona compagna di viaggio; sarebbe stolto cedere alla tentazione di credere di pronunciare la parola significativa. Qualunque simbolo è polivalente o polisemico: si dica come si vuole; in ogni caso, un'interpretazione non ne esclude altre. 
"Mentre si fa il presepe, comunque,non ci si interroga sul valore simbolico degli elementi che lo compongono, li si inserisce e basta; poi, in seguito, si può tentare di darne un'interpretazione, cioè ognuno può crearsi un proprio simbolismo. Ad esempio, un anno, ho messo un 'immagine della Madonna vicino all'osteria, e, come si sa, l'oste è figura del diavolo tentatore; volevo significare che anche lì c'è possibilità di salvezza."
- Qualcuno stabilisce un nesso tra il carrettiere CicciBacco e il dio Dioniso, è un paragone che condivide?
"Più esattamente il carrettiere ricorda il vecchio e panciuto satiro Sileno, che, ubriaco a cavalcioni di un asino, segue Dioniso; d'altronde quest'ultimo può essere assimilato solo a Gesù, in quanto anch'egli muore e risorge. Cristo però è morto e risorto una sola volta, Dioniso, invece, essendo un dio della vegetazione, nasce e muore con essa, quindi più di una volta, ciclicamente ogni anno. La morte e risurrezione di Cristo ha una valenza storica e metastorica"
- Da dove nasce la tradizione di ampliare la rappresentazione mediante personaggi che appartenevano al mondo antico o all'epoca contemporanea?
"Come ho già scritto altre volte, questa usanza si fa risalire a S. Gaetano, che nel Cinquecento aveva riempito la scena di personaggi vestiti alla foggia del suo tempo. In realtà quest'abitudine ha una radice nel profondo della psicologia dell'uomo. l'evento dell'Incarnazione è sì avvenuto nella 'storia', ma è anche ciò che alla storia conferisce senso, la nascita del Bimbo Divino avviene nel tempo, ma anche al di fuori del tempo, perché tutti, in maniera personale, siamo chiamati alla 'rinascita', in qualunque momento essa possa e debba verificarsi; a livello della collettività, la 'rinascita' avviene ogni Natale.Questa nascita è,dunque, anch'essa un evento metastorico e la sensibilità popolare esprime questo complesso significato rappresentando nel presepe uno scenario contemporaneo."
- Perché la tradizione dell'albero, che è una tradizione importata, sta prendendo il sopravvento su quella del presepe?
"E' la sostituzione di una tradizione significativa con una più allegra e appariscente. Ormai si sta perdendo sempre più di vista il significato del Natale. C'è la corsa a spendere milioni per il presepe, l'albero o il pranzo natalizio. Sono anni che dico che è inutile spendere 100.000 £ per il capitone, e puntualmente mi viene risposto che è tradizione. Ma a mio parere sarebbe meglio investire quel denaro a beneficio dei poveri; così ci si riavvicinerebbe al senso dell'evento che commemoriamo con il Natale, cioè, diciamolo senza vergogna, il compleanno di Gesù. E quando è un compleanno, il regalo va fatto al festeggiato e non a noi stessi"
- Il ponte può simboleggiare, oltre che il viaggio, anche il passaggio ad altri mondi, compreso quello dell'aldilà?
"In effetti è questo il significato sotteso al simbolo del ponte, tuttavia in un senso più elevato di quanto possa sembrare a studiosi che pure hanno riscontrato questo tipo di simbolismo. Ma è qualcosa che vedremo meglio nel corso di questo stesso anno."
- Un altro elemento ritenuto indispensabile è il pozzo.Perché? 
"Rifacendoci alla domanda e alla risposta precedenti è chiaro che il pozzo è l'apertura che mette in comunicazione l'alto e il basso. Nella mia analisi, come vedremo in futuro, vi associo la figura della zingara, figura oracolare per eccellenza."
- Qualcuno inserisce nel presepe anche il castello di Erode per rappresentare la strage degli Innocenti. Può essere anche questo un simbolo della vittoria di Cristo, vera Luce, sulle ombre della morte e del male?
"La strage degli Innocenti è importante da un punto di vista simbolico, oltre che liturgico. La festa del Natale è immediatamente seguita dalla festa di S. Stefano e da quella degli Innocenti, le quali commemorano il sacrificio di giovani martiri che con il loro sangue hanno testimoniato il rinnovamento preannunziato dalla nascita del Bimbo Divino. Non a caso il giorno del solstizio, secondo un vecchio calendario di cui i napoletani hanno un oscuro ricordo, cadeva il giorno di S. Lucia, un'altra giovane martire. E non a caso la festa del Natale è contornata anche dalle feste di Santi vecchi: S. Agnello, i Re Magi, S. Antonio Abate, S. Biagio. A questo proposito ti consiglio la lettura di "Murder in the cathedral" ("Assassinio in cattedrale") di T. S. Eliot: al centro del dramma è incastonata la predica natalizia di Thomas Becket, (San Tommaso di Canterbury) che incentra il suo discorso proprio sulla festa dei Santi Stefano e Innocenti."
- Parlando di Cristo, vero Lume tra le ombre, mi vien da pensare alla "Cantata dei pastori" di Andrea Perrucci, testo molto sentito dal popolo napoletano, fino a qualche tempo fa ancora rappresentato. Il fatto che si sia persa anche questa tradizione, nonostante il tentativo di recupero fatto in questi ultimi anni da alcuni attori, secondo lei di cosa è sintomo? 
"Mi compiaccio con te perché hai colto un riferimento alla cultura napoletana di un tempo. Su questo testo intendo soffermarmi ben presto, ma fin da questo momento possiamo dire che i tentativi di ripresa sono, come del resto naturale, del tutto intellettualistici e quindi non possono fare appello a quelle che sono le emozioni. Quando la "Cantata" era vissuta a livello popolare, la rappresentazione avveniva a mezzanotte e molti andavano a teatro con lo stesso spirito con cui altri (absit iniuria verbis) si recavano a messa. La scomparsa di questa come di altre tradizioni è segno di una progressiva profanizzazione del tempo."
- Cosa ne pensa dei presepi meccanici in cui le figure, o soltanto una parte di esse, si spostano con automatismi nascosti?
"Tutto il male possibile, tanto da non volerci spendere altre parole."
- Parlando di presepe e di Natale una delle prime cose a cui penso è "Natale in casa Cupiello" del grande Eduardo. Si identifica con Luca Cupiello?
"Non in senso stretto. Luca Cupiello pronuncia una frase che io non potrei assolutamente proferire "se non faccio il presepe mi sembra un cattivo augurio", il che rivela in lui più una sorta di fastidio che una reale convinzione; tuttavia riconosco in lui, come ho avuto già modo di notare, un fondo di bontà e di positività laddove il giovane Vittorio Elia mostra nell'ironica sufficienza con cui tratta il vecchio appassionato presepista tutto il suo fondo di impertinente cinismo, di vuoto autocompiacimento e dell'assoluta mancanza di ogni attitudine morale."

Carmela Pisaniello