Il mese di maggio è
tradizionalmente dedicato alla Madonna, perché è il mese in
cui fiorisce la rosa; tra gli altri titoli che la tradizione
attribuisce alla Vergine Maria c’è anche quello di “Rosa
Mistica”, consacrato dalle Litanie Lauretane. La rosa è un
fiore dal ricco simbolismo e rappresenta per l’Occidente
quello che per l’Oriente è il fiore di loto.
La rosa a cinque petali si
incontra anche nei monumenti napoletani dell’epoca angioina.
Nel Paradiso dantesco, i Beati
sono riuniti nella mistica Rosa, il cui centro è la Vergine
Maria.
Ab
initio et ante saecula creata sum
et
usque in futurum saeculum non desinam
et
in habitatione sancta coram ipso ministravi
Vergine
Madre, Figlia del tuo Figlio,
umile
ed alta più che creatura,
termine
fisso d’eterno consiglio
è l’invocazione di San
Bernardo all’inizio del canto XXXIII del Paradiso, bellissima
e celebratissima. “Termine fisso d’eterno consiglio”: da
tutta l’eternità, Dio ha destinato la Vergine Maria ad essere
Madre di suo Figlio e Madre di tutta l’umanità che, nuova
Eva, come Cristo è nuovo Adamo, riscatta dal peccato in cui
l’antica Eva e l’antico Adamo l’avevano precipitata. O
vere necessarium Adae peccatum quod Christi morte deletum est:
“o davvero secondo necessità fu il peccato di Adamo, visto
che doveva essere riscattato dalla morte di Cristo”, canta il
Preconio di Pasqua; parafrasando questa bella espressione,
potremmo dire che anche ad Eva si deve forse essere grati, poiché
senza il suo peccato non avremmo avuto il sì che fece di Maria
la Madre Universale.
Quest’anno, l’otto di
maggio ricorre il cinquantesimo anniversario da che mio padre
abbandonò la sua forma terrena e fece ritorno a quella che egli
sapeva essere la sua vera patria.
Tante volte egli aveva
raffigurato la Madre di Dio sul suo trono di gloria o assunta in
cieli al di sopra delle nubi, in un coro di angeli: e sempre si
era ispirato, nel pensare le fattezze della Vergine, al viso di
mia madre.
Quell’otto di maggio, pensai
che egli fosse andato a vedere come era davvero il volto della
Vergine Maria. E questa convinzione non mi ha mai abbandonato.
In questi cinquanta anni non ho trovato nessuna buona ragione
per rinnegare la fede semplice, sincera e profonda di mio padre
e di mia madre.
Nella Chiesa di san Domenico
Maggiore in Napoli vi è una sua statua dell’Immacolata
realizzata in cartapesta e terracotta; si può ancora vedere la
firma, Vincenzo Sarcone, scritta con il colore rosso, sulla
nuvola in basso, a sinistra di chi guarda. Purtroppo sono
spariti i Cherubini e i Serafini ai piedi della Vergine. I
materiali e i colori hanno resistito benissimo al trascorrere
del tempo. Di questa immagine mi è sempre piaciuto la slancio
verso l’alto che ben raffigura la certezza che noi siamo su
questa terra, ma non le apparteniamo davvero.
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Le foto sono state prese dal
mio nipote maggiore Alberto Marotta; in seguito, in prossimi
articoli, scriverò delle caratteristiche tecniche della
statuaria sacra di mio padre.
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otto maggio 2005
Italo Sarcone