Cari Lettori,
ben
sette anni fa, nel dicembre del 2000, apparve il primo numero
della nostra rivista multimediale. Scorrendo l’indice
tematico in testa all’archivio, siamo colti da due
sentimenti contrastanti: un po’ di, crediamo legittima,
soddisfazione per quanto è stato compiuto, per la varietà
degli argomenti, per la ricchezza e, qualche volta, per l’originalità
degli spunti offerti. Ma, d’altro canto, per onestà
intellettuale, non possiamo nascondere un certo imbarazzo per
le tematiche aperte e lasciate sospese, per la lunga
interruzione che è durata purtroppo un intero anno solare: l’ultimo
articolo risale, infatti, al dicembre del 2006, quando
commentammo la versione napoletana del cantico natalizio di
Sant’Alfonso Maria de’ Liguori. Un’interruzione che ci
pesa tanto più, quanto maggiori sono le soddisfazioni che in
questi sette anni ci sono provenute dalla vostra simpatia e
dalla lettura attenta, testimoniata da domande e richieste,
cui ci siamo adoperati a rispondere nel migliore dei modi.
Purtroppo, non siamo ancora riusciti a creare intorno a noi un
vero e proprio gruppo di ricerca, che possa sopperire ai
momenti di difficoltà, o anche di semplice stanchezza, che
possono sorprendere ognuno di noi. In realtà siamo in pochi a
condurre questo lavoro, in pratica tre: il nostro Direttore
Guido di Lorenzo, il vostro devotissimo sottoscritto e il
giovane Mario che conduce la parte tecnica.
Malgrado
le difficoltà, la nostra voce è arrivata lontano, a tenere
viva la passione per il presepe, una delle forme d’arte più
popolari e diffuse, perché, come abbiamo spesso tentato di
chiarire, affonda le sue radici in un immaginario collettivo e
suscita emozioni, desta echi profondi, anche in chi non è
credente. L’uomo adulto, abbiamo detto, può smettere di
giocare ai soldatini, non smette di costruire, a Natale, il
Presepe. E, sempre come abbiamo detto più volte, non è
nemmeno necessario avere doti artistiche particolari per “fare
il presepe”: anche una semplice tavoletta, coperta di
muschio, su cui siano poggiati i “pastori” che compongono
il cosiddetto “mistero” (il Bimbo tra la Madonna e San
Giuseppe, riscaldato dal fiato del bue e dell’asinello,
cullato dal suono delle zampogne, con l’Angelo che proclama
“Gloria a Dio e pace agli uomini), è uno spettacolo del
quale non si può negare la bellezza. Se poi si sanno mettere
al servizio di questa bellissima rappresentazione le proprie
capacità manuali, tecniche, artistiche, allora si ottengono
dei risultati che riempiono di giusto orgoglio.
Tra le
lettere che ci hanno dato maggiore piacere c’è stata quella
di un religioso del convento di Nostra Signora del Monte
Carmelo a Beiruth, in Libano. In quella terra straziata da
conflitti d’ogni genere, frate Koubrianos (in italiano
Cipriano) ha pensato di costruire un presepe napoletano. Non
so se i pochi consigli che ho potuto dargli gli siano stati
utili; certo è che a fine novembre aveva terminato il sacro
gruppo e procedeva nell’allestimento. Mi ha promesso di
inviarmi le foto del presepe, una volta completato. Appena le
avrò, le pubblicheremo nella nostra rivista, così che tutti
possiate ammirare l’opera che frate Koubrianos porta avanti
per contribuire alla pacificazione di quella terra tormentata.
Perché nulla come il presepe è segno di pace e di speranza.
Infine,
per riannodare le fila del nostro dialogo, vi propongo l’immagine
di un Bambino Gesù a grandezza quasi naturale che mio padre
Vincenzo creò intono al 1952 per un convento di suore oggi
non più esistente. È un’immagine che mi è molto cara,
perché credo corrisponda in pieno a quella che dovrebbe
essere la figura tradizionale di Gesù Bambino, nella quale la
tenerezza che desta l’innocenza del bimbo felicemente si
unisce alla venerazione che ispira la Maestà Divina.
Italo
Sarcone
Ventuno
dicembre duemilasette, solstizio d’inverno