Mi rendo conto che soffermandomi sulla
produzione e le particolarità del 'genere',
possa in qualche modo apparire come
qualcosa di diverso dal fenomeno
inizialmente indicato di quantità e qualità
delle opere attualmente prodotte. E sembra
che non abbia senso distinguere la prima
dalla seconda casistica produttiva, visto
che buone figure sono presenti in entrambe.
Ma al di là della netta differenza che le
separa (una, rigidamente legata ai modi e
allo stile settecentesco; l'altra aperta a
risoluzioni personali), se osserviamo con
attenzione le figure del primo
aggruppamento, anche quelle migliori,
rileviamo una situazione a dir poco
sorprendente, che è contraria al principio
basilare sostenuto dai puristi del "fare come
in passato": i famigerati occhi di vetro
(semmai quelli industriali per bambole e
bambolotti prodotti in Germania da ben un
centinaio d'anni), orgoglio e vanto di quei
pastorari che ritengono indispensabile tale
applicazione (anche se rimane deficitaria
la plastica e la cromia delle testine), risultano
quasi sempre, essere montati con poca
accortezza; infatti, se non si presentano
essere affette da strabismo, queste figure
guardano tutte nel vuoto, e si perdono
lontano; perché non convergendo verso un
fuoco a loro più prossimo (l'interlocutore),
viene a mancare il senso della
comunicazione e l'effetto di convincente
naturalismo resta penalizzato. L'inserimento
delle calottine di vetro nelle testine di
terracotta, viene praticato ignorando che
alla rotazione e all'inclinazione della testa sul busto, corrisponde ancora un'altra
rotazione: quella dei bulbi oculari all'interno delle cavità orbicolari.
Ai pastori del primo gruppo è consentita un'espressività limitata, alla fissità si
alternano solo l'imbambolamento e l'esagitazione (caratteristiche condivise anche dalle tante, insensate figure di
Pulcinella presenti sul mercato). Soavità, rapimento, estasi, meraviglia, gioia, felicità,
ecc., raramente traspaiono da questi volti; l'eccesso di caratterizzazione porta inevitabilmente alla caricatura e le figure
che dovrebbero trasmettere stati d'animo come: l'estasi o il rapimento, ad esempio,
o sono atone, inespressive, o sembrano rasentare l'idiozia. Non tenendo conto, o
non avendo le capacità di adeguare a una predeterminata tipologia, la variabilità delle
arcate sopraccigliari, l'opportuna mobilità della fronte, il misurato dischiudersi della
bocca, nella totalità delle tensioni muscolari del volto, è impossibile conferir
l'espressione, e di conseguenza è impensabile che possano trasmettere emozioni.
Nell'aspetto generale, queste figure si presentano bene e risultano essere valide
proprio per questo apparire, infatti assolvono la loro funzione nella disposizione in gruppi;
ma non sono pastori/attori, perchè per la loro fissità o relativa quanto eccessiva
caratterizzazione, sono incapaci di recitare e restano solo delle presenze di riempimento,
delle comparse. Basterebbe ancora qualche
sforzo, un impegno maggiore nel conferir
loro l'espressione, e gli attuali 'pupazzi'
potrebbero assumere una certa parvenza di
vitalità, e quindi essere realmente dei
'pastori'.
Il titolo di questo intervento dice
esplicitamente di 'non senso' e finora, lo
ammetto, sembra che mi sia mantenuto
sotto le righe e abbia volontariamente tentato
di eludere ogni spiegazione a riguardo; ma
il preambolo introduttivo sul genere è stato
necessario.
Tentare di fare una figura presepiale di
maniera, come quelle del settecento,
costituisce un'esperienza; riuscire a
realizzarla, vederla crescere e assumere
sempre più identità tra le proprie mani, è
decisamente esaltante. Per raggiungere uno
stato avanzato di bravura, ammettendo di
avere già una predisposizione, occorrono
anni e anni da dedicare allo studio in genere,
alla plastica e alla pittura. Fare questa attività
per lavoro o per diletto, costituisce un
privilegio che da gioia e riempie di orgoglio.
Ma che piacere, che soddisfazione si
può provare se la testina (la parte essenziale
del pastore), non è stata eseguita
integralmente con la propria concettualità
e la propria manualità?
Che senso ha vantarsi del proprio operato
se il manufatto utilizzato è principalmente
un calco?
Che piacere si può provare nel plagiare
un'antica figura?
Che senso hanno le copie e le imitazioni dall'antico o le modifiche apportate a un
calco? La creatività dov'è? Non c'è e basta!
Che senso ha voler utilizzare
necessariamente gli occhi di vetro, per poi non saperli applicare con oculatezza;
perchè
così vuole la tradizione? Così dev' essere fatto?
Forse questo modo di operare è finalizzato a una questione di sold? Bene! Sotto certi aspetti (che non condivido) può
essere comprensibile, comunque resta un fare disonesto. Ma è proprio necessario giocare sull'equivoco?
E poi, che senso hanno tutte quelle ciance sul modo di vestire, quegli atteggiamenti
cattedradici, quelle osservazioni fatte con sufficienza; quali riferimenti si hanno per
poter sentenziare: 'ben fatto', 'non va' o 'non si fa così, ina...' ; forse la visione
diretta dal vero e indiretta dalle fotografie dei vecchi pastori, o il riferimento alle
gouaches e ai dipinti dei costumi d'epoca, danno la dovuta competenza? Non basta!
(Conosco bene da dove viene questa saccenza, perciò mi permetterei di suggerire
una maggior cautela nel dare precise sentenze). La vestitura, volendola eseguire nel riferimento dei canoni settecenteschi,
è un argomento notevolmente insidioso; vuoi per la scelta dei materiali, vuoi per le combinazioni cromatiche (che spesso
sono simboliche e con significati diversi da periodo a periodo), vuoi per
l'abbinamento tipologico (alla plastica e
alla colorazione dei volto), vuoi per i
rifacimenti, per gli scambi, per gli interventi
di restauro e per... . Le figure integre, con
le vestiture originali egualmente integre,
sono meno numerose di quanto si possa
supporre; individuarle risulta particolarmente
difficile, così come collocarle nei loro
ristretti periodi storici. Quindi?
Immaginiamo per un momento di
partecipare a una mostra di pittura, l'opera
che stiamo presentando, tra le tante eseguite
da altri, vorrebbe rappresentare la Gioconda
ed essere la copia (dichiarata o volutamente
nascosta) da Leonardo, oppure una qualsiasi
figura riferita ai modi dell'artista; ma
l'esposizione non è dedicata ai cosiddetti
'falsi d'autore'. Tutto ciò sarebbe un non
senso, vero? Si! Decisamente un'assurdità.
Ora, immaginiamo ancora di partecipare
a una mostra, stavolta però di cosiddetta
'Arte Presepiale', e presentiamo una figura
che vorrebbe essere una copia, oppure un
esemplare che si rifà a modi attribuiti al Sanmartino; come per la mostra di pittura
risulta assurdo esporre la scopiazzatura di
un'opera di Leonardo, o da qualsiasi altro
autore; così, con eguale ragionevolezza,
non è pensabile presentare a una mostra
Presepiale, una pari scopiazzatura da un
qualsivoglia, insigne o meno, autore del
passato. O trattandosi di una esposizione
del genere, il criterio di valutazione delle
opere è diverso? Non lo è! E non lo deve
essere assolutamente. Il problema nasce da quel certo 'atteggiamento d'artista', ostentato da tanti
plastificatori che non hanno il pudore di arrogarsi il merito di aver 'creato' l'opera
con le proprie mani; ma se già è da discutere il riconoscimento di una certa creatività
nel fare oggi i pastori, figuriamoci poi a quali conclusioni si può giungere quando
la figura è una copia, un'imitazione, o addirittura quando il manufatto iniziale è
costituito da un calco. Altro che artisti! Altro che artigiani! Per carità! Rispettiamo
i ruoli e 'diamo a Cesare quel che è di Cesare'.
Qualche anno fa mi trovavo nel
laboratorio di un noto figuraro, stavo li per una diversa ragione; a un certo momento,
di sua iniziativa, il titolare ritenne opportuno mostrarmi due teste di argilla allo stato
cuoio, nel sottopormele ne vantava la buona esecuzione e precisava che erano dei Magi
(Gaspare e Melchiorre per la precisione). Perchè costui mi mostrò le due teste
dicendomi che le aveva personalmente eseguite, se le stesse erano due calchi (resi
evidenti dalla ricorrente tipologia, dalla dimensione e dalla perfetta sfericità dei
bulbi oculari ancora in pasta), ricavate da forme riprese rispettivamente da un
San Francesco di Paola e da un Cristo Redentore? Perchè in un altro laboratorio
mi hanno mostrato con orgoglio due accademie maschili in terracotta, chiaramente messe insieme con calchi di
parti anatomiche ricavate nientedimeno,
anche da un Cristo Crocefisso? Purchè
allora, non si ha pudore di mostrare e
di dichiarare una propria presunta abilità (nel
fare forme e calchi, sicuro che esiste), se
molte di queste opere sono riprese oltre
che da pastori e figure sacre, anche dalle
varie esecuzioni ridotte delle opere di
Houdon, di Cigoli, di Lelli, di Bandinelli,
di Caudron, di Gianbologna e del Davide
di Michelangelo, vendute nelle località
turistiche? Perchè tanta inutile vanteria?
Non sarebbe opportuno contenersi nel
silenzio e non provocare il senso indagatore?
Queste ostentazioni e questo fare
truffaldino, nuocciono e coinvolgono
negativamente sia chi opera con rettitudine,
sia lo stesso mercato delle figure da presepe; perchè fanno perdere di credibilità. Poi,
purtroppo, risulta sintomatico 'fare di
un'erba un fascio' e alla fine, la totalità
degli addetti ai lavori sono considerati con
riserva, e finiscono tutti nel calderone,
etichettato: "Napoli", della disonestà.
Non trovo che sia giusto ignorare la
poca accortezza e la disinvolta artificiosità
presente nel settore; alla fine, a rimetterci,
sono quei plastificatori onesti e di buona
levatura che perdono d'immagine e vengono
confusi, loro malgrado, in tanta caotica
situazione.
Credo sia giunto il momento di auspicare
un'azione moratoria, una specie di controllo,
che possa essere messo in atto dalle varie
associazioni presepiali esistenti in Campania,
realizzato attraverso mostre opportunamente depurate dall'esistenza di artificiosità in
genere, o se presenti, possono sussistere solamente con le dovute indicazioni delle
specifiche tecnologie utilizzate. Tengo a precisare che tale iniziativa dovrebbe
innanzitutto fare ordine all'interno delle stesse organizzazioni, per dimostrare che
gli "Amici del Presepio" vivono e perpetuano il sentimento cristiano di "onestà" ed esserne l'esempio. Quindi,
senza operare sconvolgimenti estremi e procedendo con ammissioni veritiere, le
Associazioni potrebbero assolvere al ruolo decisivo della 'guida', quale esempio e
riferimento di un fare senza inganni ne compromessi, e rientrare così, nel principio
e nello spirito della loro stessa istituzione.
Un'iniziativa a tal fine c'è stata, ha
operato per un certo tempo con questi principi e ha dato, in breve, inalienabili
riscontri. Di questa asserzione è possibile la verifica, riprendendo le iniziative
concettuate e realizzate sia nei musei cittadini e in altri centri del territorio nazionale, sia
per i risultati ottenuti dalla preparazione dimostrata dai giovani corsisti. Ma le
iniziative private restano pur sempre tali, vuoi per indisponibilità finanziaria, vuoi
per l'indifferenza delle istituzioni, vuoi per le divergenze di vedute che via via si
manifestano nei gruppi; le forze che le compongono, spesso non si ritrovano nel
perseguire determinati progetti, e succede che perdendo le motivazioni (sono sempre
quelle nobili e altruistiche a soccombere),
si separano; per poi finire inevitabilmente
con l'estinguere idee e propositi.
Giustamente vantiamo una tradizione
presepiale unica e particolare, ma
generalmente non teniamo conto che per
conservarla e perpetuarla è necessario
innovarla e sostenerla con iniziative
adeguate, come la fondazione di un "Centro
per gli studi presepiali" con tanto di
archivio storico, di biblioteca specializzata,
di banca immagini e soprattutto di una
"Scuola di formazione presepiale
napoletana" concepita con criteri e aperture internazionali. Il "Centro" potrebbe diventare
il fulcro della cultura e delle tradizioni
popolari napoletane contenute nel nostro
presepe; incontri, dibattiti e seminari,
concorrerebbero a mettere a punto quella
che è oggi solo una situazione di disagio.
impensabile che finora Napoli sia rimasta
insensibile alla realizzazione di una tale
esperienza. Quando dico Napoli e come se
indicassi i nostri amministratori, il potere
costituito, chi decide cosa fare o non fare,
chi sostiene o ignora iniziative e progetti
comunitari.
La volontà esiste, le idee sono chiare,
i maestri sono disponibili, i progetti sono
stati presentati, allora, cosa aspettiamo?
Diamoci da fare.
Un caro saluto a tutti e In bocca al
lupo.
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