el crescendo di riflessioni verso la natura, non poteva mancare linteresse per i
valori individuali, e i sentimenti umani. Per il presepe, il pił grande scultore del
700 napoletano, traduceva questi pregi in raffigurazioni plastiche, lasciandoci
prove inequivocabili, singole opere darte cariche di tensioni, capaci di esprimere
stati danimo, passioni. E se i pastori di Giuseppe San Martino trovavano riscontro
nel pensiero illuminista, non di meno questa aderenza era rilevabile nelle testine
plasmate da Nicola Somma, Francesco Celebrano, Salvatore Franco e Lorenzo Mosca che,
diversamente dal Maestro, volgevano la loro attenzione agli aspetti esteriori
delluomo, allo studio della fisiognomica. Sul volgere del secolo, il carattere illuminato andava spegnendosi, lenergia
trainante si esauriva, e della macchina scenica rimaneva il ricordo; nostalgiche,
successive, quanto ripetitive edizioni del passato. Le mutate condizioni politiche e
sociali avevano indirettamente avviato il presepe su un percorso diverso ; ferma ai
costumi e allambiente settecentesco, incapace di adeguarsi ai tempi, e non
costituendo pił lallestimento, una profonda esigenza interiore lopera, quel
certo tipo di opera darte, cessava di esistere.
Il presepe napoletano del secolo doro, ricco di fede e di cultura laica, carico di
simboli religiosi e di raffinate citazioni pittoriche, spesso confuso con altri
allestimenti coevi e di fattura ottocentesca, cambiava spirito e iniziava a percorrere
quella strada, quella deviazione gią da tempo esistente che privilegiava il genere
popolare, e la parodia. La crescita abnorme della "scena della taverna"
(spettacolo dominante, centro fascinoso e ammaliatore, decisamente fuorviante la scelta
del presepe) e il proliferare di figure affaccendate nel fare il proprio mestiere e
vendere, vendere di tutto, tutto il pensabile e linimmaginabile, distoglievano
lattenzione dovuta alla "Sacra Famiglia", relegandola (delimitandone lo
spazio). Questo corso diventava il favorito, e rompeva con il proprio incedere,
lunicitą, la compattezza, la concettualitą della grande macchina scenica, e si
rivelava sempre pił vicino al gusto delle masse, inclini al piacere per lepisodio,
al riferimento di costume; evidenziando la mancanza di una regia sentita e motivata,
capace di gestire la difficoltosa, polimaterica esistenza di paesaggi, pastori, e
accessori; per mettere sempre pił da parte quello che era stato il fulcro, la ragione
unica di tanto allestimento: "Il Mistero"; che diventava oggettivamente, mero
pretesto per tanta ostentazione.
Furono le idee giacobine dei francesi? Le rappresaglie del restaurato regno borbonico? O
lavvento di una nuova generazione di presepisti di limitata cultura e poca fede?
Resta il fatto che i presepi non vennero pił allestiti, e se pur vennero costruiti,
avevano perduto quella marcia in pił, quella spinta, che li aveva visti protagonisti nel
700 a Napoli.
|