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Anno 1 - n.1 - Dicembre 2000

 

  La fede e la cultura del presepe napoletano del XVII secolo.   

 

el crescendo di riflessioni verso la natura, non poteva mancare l’interesse per i valori individuali, e i sentimenti umani. Per il presepe, il pił grande scultore del ‘700 napoletano, traduceva questi pregi in raffigurazioni plastiche, lasciandoci prove inequivocabili, singole opere d’arte cariche di tensioni, capaci di esprimere stati d’animo, passioni. E se i pastori di Giuseppe San Martino trovavano riscontro nel pensiero illuminista, non di meno questa aderenza era rilevabile nelle testine plasmate da Nicola Somma, Francesco Celebrano, Salvatore Franco e Lorenzo Mosca che, diversamente dal Maestro, volgevano la loro attenzione agli aspetti esteriori dell’uomo, allo studio della fisiognomica. Sul volgere del secolo, il carattere illuminato andava spegnendosi, l’energia trainante si esauriva, e della macchina scenica rimaneva il ricordo; nostalgiche, successive, quanto ripetitive edizioni del passato. Le mutate condizioni politiche e sociali avevano indirettamente avviato il presepe su un percorso diverso ; ferma ai costumi e all’ambiente settecentesco, incapace di adeguarsi ai tempi, e non costituendo pił l’allestimento, una profonda esigenza interiore l’opera, quel certo tipo di opera d’arte, cessava di esistere.
Il presepe napoletano del secolo d’oro, ricco di fede e di cultura laica, carico di simboli religiosi e di raffinate citazioni pittoriche, spesso confuso con altri allestimenti coevi e di fattura ottocentesca, cambiava spirito e iniziava a percorrere quella strada, quella deviazione gią da tempo esistente che privilegiava il genere popolare, e la parodia. La crescita abnorme della "scena della taverna" (spettacolo dominante, centro fascinoso e ammaliatore, decisamente fuorviante la scelta del presepe) e il proliferare di figure affaccendate nel fare il proprio mestiere e vendere, vendere di tutto, tutto il pensabile e l’inimmaginabile, distoglievano l’attenzione dovuta alla "Sacra Famiglia", relegandola (delimitandone lo spazio). Questo corso diventava il favorito, e rompeva con il proprio incedere, l’unicitą, la compattezza, la concettualitą della grande macchina scenica, e si rivelava sempre pił vicino al gusto delle masse, inclini al piacere per l’episodio, al riferimento di costume; evidenziando la mancanza di una regia sentita e motivata, capace di gestire la difficoltosa, polimaterica esistenza di paesaggi, pastori, e accessori; per mettere sempre pił da parte quello che era stato il fulcro, la ragione unica di tanto allestimento: "Il Mistero"; che diventava oggettivamente, mero pretesto per tanta ostentazione.
Furono le idee giacobine dei francesi? Le rappresaglie del restaurato regno borbonico? O l’avvento di una nuova generazione di presepisti di limitata cultura e poca fede? Resta il fatto che i presepi non vennero pił allestiti, e se pur vennero costruiti, avevano perduto quella marcia in pił, quella spinta, che li aveva visti protagonisti nel ‘700 a Napoli.