a parola p r e s e p i o deriva dal latino praesepe
che vuol dire mangiatoia,
greppia, e trova le sue radici nel vangelo di Luca, dove si legge che, nato Gesù,
Maria « reclinavit eum in praesepio ». Tutto il racconto di Luca sta alla base
del presepio, onde conviene leggere attentamente questo
testo:
In questo racconto troviamo riferimenti precisi alla
mangiatoia, al Bambino avvolto in fasce tra Maria e Giuseppe, agli angeli
osannanti, all'angelo che di notte annunziò ai pastori il grande evento, all'andata
dei pastori a Betlemme. In questo vangelo, scritto da Luca tra il 65 e il 70,
non troviamo però accenno all'adorazione dei Magi. Ne parla diffusamente
Matteo, il cui testo originale aramaico fu pubblicato tra gli anni 40 e 50. Ecco
il racconto di Matteo:
A questo punto ci chiediamo: perché sul presepio
troviamo più la grotta che la stalla? Perché l'asino e il bue, dei quali non
si parla nei vangeli? Donde i nomi di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre taciuti
da Matteo nel raccontare il viaggio dei magi? E perché la tradizione presepiale
cinge di corona reale il capo dei magi? Perché, infine, Giuseppe stringe una
verga fiorita? A questi interrogativi rispondono i vangeli apocrifi cioè
quegli scritti dei primi secoli dell'era cristiana
che, pur offrendo notizie sulla vita e dottrina di Cristo, dalla Chiesa non sono
stati inclusi nel canone dei libri ispirati o perché leggendari o perché
settari. Si direbbe che gli autori dei vangeli leggendari non ebbero altro fine
che soddisfare la pia curiosità dei primi cristiani desiderosi di conoscere
per filo e per segno la vita di Gesù e della Madonna. Le loro intenzioni non
furono cattive, quasi incoraggiati dalle parole dell'evangelista Giovanni: «
Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati
scritti in questo libro ».
E poi: « Vi sono ancora molte altre cose
compiute da Gesú, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo
stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere » (Giovanni,
XX, 30 e XXI,
25).
Dunque, si sentirono quasi autorizzati a scrivere delle aggiunte ai
vangeli.
I vangeli leggendari interessano
per lo più la nascita, l'infanzia e la morte di Gesù. Sono: il Protovangelo
di Giacomo, o
semplicemente Libro di Giacomo o
Storia della natività di Maria;
il Transitus Mariae (tratta
della morte della Madonna); la Storia di
Giuseppe il falegname, un testo probabilmente del sec. IV, scritto in
copto e in arabo, il cui originale era forse greco.
Lo storico delle civiltà occidentali non può
trascurare
i vangeli aprocrifi, ha scritto Daniel-Rops: « essi hanno, infatti,
lasciato una traccia profonda nel costume e nella liturgia, nella letteratura
e nell'arte ». E bisogna tenerne
conto specialmente nello studio dell'iconografia presepiale perché forniscono
dati per nulla disprezzabili, nel senso che elementi autentici della
tradizione potrebbero essere confluiti in quei testi. L'abate Migne (1800-1875), il famoso editore della Patrologia, scrisse: « Ignorare gli Apocrifi significa rinunciare
a scoprire le origini dell'arte cristiana. Essi sono le fonti dalle quali,
dall'estinzione del paganesimo, gli artisti hanno attinto quella vasta gamma
di simboli che il medio evo amplificherà. Il Protovangelo, l'Evangelo
di Nicodemo, la Leggenda aurea e
lo Speculum maius del
filosofo teologo
domenicano Vincenzo di Beauvais ( 1264) fornirono, infatti, ad artisti e fedeli dei secoli
passati curiosi episodi sulla vita di Maria Vergine e sulla nascita ed
infanzia di Gesù.
Stralcerò
alcuni brani da Gli Evangeli apocrift (Massimo
editore, Milano 1979, terza edizione, testi scelti e tradotti da F. Amiot)
perché il lettore si renda conto dell'influenza esercitata da questi testi
sull'arte cristiana antica e particolarmente sulla raffigurazione del
presepe.
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