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Anno 1 - n.1 - Dicembre 2000

 

Origini della iconografia presepiale

 

E' un'amplificazione del Protovangelo formatasi verso la fine del sec. VI. L'episodio dei Magi vi è raccontato con ricchezza di particolari derivati da apocrifi redatti in Siria, in Armenia o in paesi arabi vicini alla Persia, donde erano partiti i Magi. Questi sono presentati come tre re persiani e vengono riferiti i loro nomi.

E subito un angelo del Signore si recò in fretta nella terra dei Persiani per avvertire i re magi che andassero ad ado­rare il bambino neonato. E questi, dopo un viaggio di nove mesi nel quale furono guidati dalla stella, pervennero a de­stinazione nello stesso istante in cui la vergine diveniva madre. Perché, a quel tempo, il regno dei Persiani sopra­vanzava per potenza e vittorie tutti i re che esistevano nei paesi d'Oriente. E questi re dei Magi erano tre fratelli: il primo Melkon, che regnava sui Persiani; il secondo Balthasar, che regnava sugli Indiani, e il terzo Gaspar che signoreggiava il paese degli Arabi. Dopo essersi riuniti in seguito all'ordine ricevuto da Dio, pervennero a destinazione nel momento in cui la Vergine diveniva madre. Avevano affrettato il loro cammino e si trovarono là nel preciso momento della na­scita di Gesù. [Omissis].
Quella stessa notte fu inviato in Persia un angelo custode. Esso apparve agli abitanti del paese sotto la forma di una stella di grande splendore, che illuminò tutta la terra dei Persiani. Ora, il 25 Kanún ‑ festa della natività del Cristo ‑ essendo gran festa anche presso i Persiani adoratori del fuoco e delle stelle, tutti i Magi, in gran pompa, celebravano con magnificenza la loro solennità, quando improvvisamente splendette una viva luce sulle loro teste. Lasciarono i loro re, i loro festeggiamenti, tutte le loro celebrazioni, e lasciando le loro dimore uscirono per godere dello spettacolo. Videro che una stella fiammeggiante s'era levata sulla Persia. Nel suo splendore era simile a un gran sole.
E i loro re chiesero ai sacerdoti nella loro lingua:« Che cosa è il segno che vediamo »? E, come ispirati dalla divinità, essi risposero: « E' nato il re dei re, il dio degli dei, la luce emanata dalla luce. Ed ecco che un dio è venuto ad annunciarsi la sua nascita affinché si vada a offrirgli i nostri doni e ad adorarlo».
Allora tutti, capi, magistrati, generali, si alzarono e chiesero ai loro sacerdoti: « Quali doni conviene che gli si portino »? E i sacerdoti risposero: « Oro, mirra e incenso ».
Allora i tre re, figli dei re della Persia, come per una dispo­sizione misteriosa, presero l'uno tre libbre di mirra, l'altro tre libbre d'oro, e l'altro infine tre libbre d'incenso. Erano adorni dei loro preziosi ornamenti, con la tiara sul capo e nelle mani il loro tesoro. Al canto del gallo lasciarono il loro paese con nove uomini al loro seguito e si misero in cammino, pre­ceduti dalla stella che era loro apparsa. E l'angelo che aveva trasportato da Gerusalemme il profeta Abacuc e aveva por­tato il suo pranzo al profeta Daniele, gettato nella fossa dei leoni in Babilonía, quello stesso angelo, in virtù dello Spi­rito Santo, condusse i re della Persia in Gerusalemme.
Partiti dalla Persia prima del canto del gallo, sul far del giorno entravano a Gerusalemme e interrogavano la popo­lazione della città, dicendo. « Dove è nato il re verso il quale siamo venuti »? A questa vista la popolazione di Gerusalemme si turbò ed ebbe paura. E avvertirono della loro presenza il re Erode. Il re Erode mandò a chiedere dei re dei Persiani e li fece presentare a lui. E domandò loro: « Di dove siete? E chi cercate »?
Essi dissero: « Cerchiamo il re che è nato in Giudea, nel territorio di Gerusalemme. Qualche dio ci ha avvertito della nascita di questo re perché noi venissimo a rendergli la nostra adorazione e a porgergli i nostri doni ». E il timore s'impa­dronì di Erode alla vista di quei figli dei re di Persia, che egli vedeva con la tiara in testa e i loro tesori in mano, alla ricerca del re nato in Giudea. Erode e tutta la sua corte furono turbati alla vista di quei figli di re.
>Erode disse loro: « Grande è la potenza del re che vi ha indotti a fare questo viaggio per rendergli onori. In verità è re, il re dei re. Andate, informatevi d'ogni sua cosa,e venite a riferirmi ciò che avrete appreso sul suo conto, che anch'ío possa andare ad adorarlo ».
Ed Erode, avendo formato nel suo cuore il perverso dise­gno di uccidere il bambino ancora in tenera età e con lui i re della Persia, disse: « Ora tutta la creazione mi è sotto­messa ».
I Magi lasciarono la sua udienza e scorsero la stella che si muoveva precedendoli, fin quando si fermò al di sopra della grotta. Allora cambiò la sua forma e divenne simile a una colonna di luce che si levava dalla terra al cielo.
Essi entrarono nella grotta e vi trovarono Maria, Giuseppe e il bambino avviluppato nelle fasce e posto nella mangiatoia. Resero la loro adorazione, porsero i loro doni e salutarono Giuseppe e Maria. E Giuseppe e Maria furono meravigliati di vedere quei tre figli di re, con la tiara sul capo, inginocchiati in adorazione davanti al neonato, senza chiedere alcuna spie­gazione sugli avvenimenti. E Giuseppe e Maria domandarono loro: « Di dove siete »? Essi risposero dicendo: « Veniamo dalla Persia ». Giuseppe e Maria dissero loro: « Quando avete lasciato la Persia »? Essi dissero « Ieri sera ed era festa. Durante il banchetto un dio ci disse: Alzatevi e andate a portare i vostri doni al re che è nato in Giudea. Il gallo cantava mentre ci affibbiavamo la cintura per metterci in cam­mino, arriviamo da voi, ora, all'ora terza del giorno».
E Maria prese una delle fasce di Gesù e gliene fece dono. Essi la ricevettero dalle sue mani, con fede, come un dono di alto valore. E quando fu giunto il quinto giorno della settimana, successivo alla nascita, l'angelo custode che aveva assunto la forma di una stella, ritornò per far loro da guida. Essi lo seguirono parlando delle cose che erano state lo scopo del loro viaggio. Giunsero al loro paese all'ora del pranzo. L'intera Persia si rallegrò del loro ritorno e fu piena di me­raviglia. Alle prime luci del giorno, il re e i sacerdoti si riu­nirono e dissero loro: « Come si è svolto il vostro viaggio e il vostro ritorno? Che cosa avete fatto e che cosa ci portate »?
E questi mostrarono la fascia che aveva donato loro Maria. Fu fatta loro festa secondo le consuetudini dei Magi. Fecero per loro un gran fuoco. E gettarono la fascia nel fuoco che essi adoravano e la fascia divenne come il fuoco, poi, quando il fuoco fu spento, ne trassero la fascia bianca come la neve e più salda di prima. E presala la baciarono e, dopo averla posta sui loro occhi, dissero: « In verità, e senza alcun dubbio, è indumento del dio degli dei, perché il fuoco degli dei non è riuscito a incenerirla ». E la conservarono con fede e con grande venerazione.

 

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Nel cimitero di Priscilla (Roma) una pittura del sec. II raffigura la profezia di Isaia: Ecco la vergine concepirà e partorirà un figlio, e il suo nome sarà Emmanuele (Is. 7, 14). E' forse la più antica imma­gine della Vergine Maria. A sinistra, il profeta indica la stella al di sopra di Maria seduta col Bambino in grembo. Nell'epitaffio di Severa (sec. III) ritroviamo il profeta Isaia con la mano destra protesa verso la stella che precede i tre Magi nell'atto di offrire i doni al Bambino sorretto dalla Madre. In tre affreschi del cimitero dei SS. Pietro e Marcellino è raffigurata la profezia di Balaam: Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele (Numeri, 24, 17). L'annuncio dell'arcangelo Gabriele a Maria è raffigu­rato in un dipinto del cubicolo dell'Annunziata nello stesso cimitero di Priscilla (fine sec. II).
Nell'antica iconografia presepiale troviamo fusi elementi evangelici con elementi apocrifi dedotti dal Protovangelo di Giacomo: Maria è sul letto, Giuseppe a lato, pensoso e come fosse estraneo all'even­to. Vero sposo di Maria, il suo ruolo è quello di custodime la verginità (custos pudicae vírginis). Il Bambino è nella mangiatoia tra il bue e l'asino. Spesso è raffigurato l'episodio del bagno. Il parto verginale viene esaltato da S. Agostino: Dominus noster Jesus Christus ... qui natus est primo sine matre in coelis.
De te, Dei Genitrix, natus est sine patre in terrisG 0 miracula! (S. AUGUSTINUS, Sermones. Codice mem­branaceo del sec. XI, Biblioteca Nazionale di Napoli, Ms. VIII, A‑A‑3, cc. 3‑4).

Non si conoscono pitture dell'età paleocristiana raffiguranti questo soggetto che invece troviamo ri­prodotto su sarcofaghi, pietre dure e vetri. Che Gesù sia nato in una grotta è riferito nelle più antiche tra­dizioni. Ne parlano il palestinese San Giustino (sec. II) e Origene (sec. III) che fu il primo ad abbinare il passo dell'evangelista Luca al versetto di Isaia: Cognovit bos possessorem suum et asinus praesepe Domini sui (Is. I, 3). Costante è nel corso dei secoli, specialmente nella scultura, la presenza del bue e dell'asino. Nella scena del presepio può mancare la Vergine‑Madre, mai il bue e l'asinello, come si vede sul grandioso sarcofago della Basilica di S. Ambrogio (Milano).

Max Schmid, il Wilpert ed altri archeologi sosten­gono che la presenza del bue e dell'asino non di­pende tanto dai testi apocrifì, quanto dalle profezie di Abacuc (3, 2) e di Isaia (1, 3). Al testo di Isaiapiú che al vaticinio di Abacuc si richiamano i Padri della Chiesa. Il presepio nel quale « giaceva il Salva­tore » è lo stesso « di cui il profeta ha predetto: il bue conosce il suo possessore ... », scrisse Origene (In Lucam, homilia 13, in Migne, Patrologia graeca 13, 1832).

Nella scultura antica è piuttosto rara la raffi­gurazione dei pastori. Wilpert ne segnala due esem­plari romani di notevole interesse. Si tratta di due frammenti di sarcofaghi precostantiniani: l'uno nel cimitero ad catacumbas, l'altro nell'antica villa di Wolkonski, residenza dell'ambasciata tedesca a Roma (Cfr. G. Wilpert, La fede della chiesa nascente se­condo i monumenti dell'arte funeraria antica, Città del Vaticano 1938, pp. 23‑24).

L'adorazione dei Magi è riprodotta frequente­mente nei monumenti cristiani antichi: era una pro­fessione di fede nella divinità di Cristo e nella ma­ternità divina di Maria, una protesta contro le ere­sie che negavano questi due dogmi. Per lo più sono tre, solo per simmetria due o quattro. Sono coperti da berretto frigio e recano in dono oro, incenso e mirra. I Padri della Chiesa son d'accordo sul signi­ficato di questi doni. Scriveva S. Ireneo (sec. II); « ... i Magi, per mezzo dei doni offerti, attestarono chi fosse colui che veniva adorato: la mirra, perché egli era colui che veniva a morire e ad essere sep­pellito per l'umano genere mortale: l'oro, perché egli era il Re, il cui regno non avrà mai fine; l'incenso, perché egli era Dio che si è manifestato nella Giudea,e si è mostrato a coloro che non lo cercavano » (Adversus haereses 3, 10, in Migne, Patrologia graeca, 7, 870 ss.).

Li precede in alto la stella, come sul sarcofago del Museo lateranense (Roma). Nel cimitero dei ss. Pietro e Marcellino (Roma), nella seconda scena del Ciclo cristologíco, un'antichissima pittura raffigura la riapparizione della stella ai Magi dopo la visita ad Erode.

Quanto a Giuseppe, il Protovangelo di Giacomo, per difendere la verginità di Maria e spiegare l'origine dei fratelli del Signore (Matteo XIII, 55; Marco VI, 3), che poi erano i cugini di Gesù, lo presenta vecchio e vedovo con figli. Vi è narrato l'episodio della verga e dei pretendenti alla mano di Maria. Secondo alcuni dal bastone di Giuseppe uscì una colomba e volò sulle sua testa, secondo altri fiorì un giglio, forse in ossequio al vaticinio di Isaia: Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici (Is. XI, 1).

L'episodio delle verghe è frequente nell'iconografia sacra fino al Concilio di Trento. Notissima la tavola dello Sposalizio della Vergine, di Raffaello (1504), nella Pinacoteca di Brera, dove si vede uno dei pretendenti delusi nell'atto di spezzare la sua verga per rabbia. Nel sec. XVI, in pieno Rinascimento, l'iconografia presepiale abbandona gli schemi medievali, ripudia la scena apocrifa della levatrice e si concentra sull'adorazione del Bambino.

FRANCO STRAZZULLO

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