La raffigurazione di temi quali la Natività di Gesù, l'Adorazione
dei pastori, l'Adorazione dei Magi e l'Annuncio ai pastori costituiscono i nuclei centrali
dell'iconografia del Presepe napoletano che si venne affermando nella plastica
settecentesca.
Nella pittura come nella scultura del passato questi
temi relativi alla nascita del Cristo erano stati costantemente proposti dalla Chiesa per
ricordare con la forza evocativa delle immagini l'evento più alto della cristianità: la
nascita di Gesù.
Sotto l'accezione della spiritualità popolare che ha caratterizzato il
mondo presepiale e il suo messaggio credo sia importante ricordare che i valori laici,
popolari e naturalistici siano stati in gran parte desunti dalla pittura naturalistica il
cui corso fortunato era stato avviato dalla presenza a Napoli di Michelangelo Merisi da
Caravaggio nel corso degli ultimi anni del primo decennio del Seicento.
Lo stesso Caravaggio era entrato in argomento con due opere,
l'Adorazione dei pastori di Messina e la Natività rubata a Palermo nell'Oratorio di San
Lorenzo.
In entrambe le opere l'artista lombardo trattò con schiettezza
popolare e fede naturalistica il tema della nascita di Gesù con delle novità
iconografiche e compositive di non poca importanza e seguito.
Nella tela con l'Adorazione dei pastori, oggi al Museo Nazionale di
Messina, i protagonisti sono racchiusi in una sorta di triangolo scaleno; all'interno di
una stalla dall'indispensabile arredo, il bue e l'asino, Giuseppe e i vecchi pastori, che
non recano neppure il più misero dei doni, sono protesi verso il gruppo della madre e del
bambino presso cui è posta una sporta con qualche panno e degli arnesi di falegname che
conclude il lato lungo del triangolo. |
L'altra
tela, non ancora ritrovata, apporta all'evento della Natività delle novità iconografiche
che suonano come un preludio alle tante presenze che impropriamente vengono inserite nella
rappresentazione presepiale. Nella tela di Merisi S. Lorenzo e S. Francesco sono
giustificati dalla destinazione francescana dell'opera nell'Oratorio intitolato a S.
Lorenzo.
La scena è comunque ridotta all'essenziale, infatti, oltre ai due
Santi, c'è solo Giuseppe ed un vecchio pastore, appoggiato al bastone, che assistono alla
nascita di Gesù, spogliato di ogni elemento di sacralità; una giovane donna guarda il
corpicino nudo che a Roberto Longhi ricordava quello "del bambino miserando
abbandonato a terra come un guscio di tellina buttata". |
Maestro dell'Annuncio ai pastori
Annuncio ai pastori
Napoli, museo di Capodimonte
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L'unico
elemento alludente alla nascita del Salvatore, e che nel corso del Settecento la
rappresentazione presepiale, ma anche la pittura, ha ampliato nel numero facendolo
diventare un mero elemento decorativo l'Angelo con la nota scritta "Gloria in
excelsis Deo". Non ci si sorprende che Roberto Longhi lesse anche questo brano
pittorico in chiave laica: l'Angelo, infatti, "spiomba dall'alto come un giglio
scavezzato dal proprio peso".
Queste aperture iconografiche di Merisi non cadranno nel vuoto e sarà
raccolta, insieme al suo messaggio spirituale, la sua scelta popolare di stare con gli
umili. |
Nella tela di
Palermo, nella desolata povertà, non sono venuti neppure i Re Magi, con i loro ricchi
doni, ad ostentare i loro splendidi vestiti ornati d'oro e d'argento, di perle e di pietre
preziose.
Forse il Merisi vollle sottolineare che Gesù era venuto al mondo per
portare sollievo e giustizia ai poveri, ancora capaci di accogliere il messaggio di
fratellanza.
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Maestro dell'Annuncio ai pastori
Annuncio ai pastori
Collezione privata
Maestro dell'Annuncio ai pastori
Annuncio ai pastori (particolare)
Collezione privata
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Gli
artisti che a Napoli aderiscono alla lezione naturalistica del grande lombardo, che
proprio nella capitale del Regno aveva lasciato prove altissime della sua maturità
artistica, sono numerosissimi, e, per un evento fortunatissimo, tutti dotati di
eccezionali capacità: Battistello Caracciolo e Filippo Vitale, Massimo Stanzione, Carlo
Sellitto, Giuseppe Ribera e il pittore che, per l'iconografia più volte ripetuta
dell'Annuncio della nascita di Gesù ai pastori, è noto, nonostante le proposte di
identificazione quasi sempre bene articolate, come Maestro dell'Annuncio ai pastori.
Relativamente al problema dell'identificazione della personalità di
questo Maestro attivo, da quanto emerge dalla sua cultura artistica e dai dati in nostro
possesso, dai primi anni del 1630 in poi, sono del parere che si tratti di Bartolomeo
Passante o di Bassante, di Giovanni Do o di altro Maestro ancora; continueremo a chiamarlo
Maestro dell'Annuncio ai Pastori anche quando, per fortunato ritrovamento documentario, se
ne dovesse scoprire l'identità. Forse non sarebbe neppure giusto correggere cartellini
alle opere, conservate nelle raccolte private, e soprattutto i numerosi interventi a
stampa dove il pittore è oggetto di studio.
La felice definizione stilistica dell'opera del Maestro, simile a
quella del Riberia "nel componimento e mossa delle figure, e più nel tremendo
impasto", è del biografo settecentesco Bernardo De Dominici. |